NOTE SU EMILIO AMBASZ, IL GRANDE ARCHITETTO RESIDENTE A MONACO

Il Team di MonteCarloTimes

MONACO. Riceviamo dall’Ufficio Stampa Crespi e volentieri pubblichiamo, tradotta in italiano, l’ interessante intervista del New York Times in cui Ambasz viene descritto come il profeta della bioarchitettura. Ambasz visiterà presto il Principato, per il quale ha proposto anni fa un importante progetto di riqualificazione portuale. Il grande architetto argentino ha forti legami con Monaco, paese dove soggiorna spesso, avendovi la sua residenza. Nel 2010 il Grimaldi Forum ha ospitato una mostra personale dedicata ad Ambasz, significativamente intitolata Green over the Grey, ovvero verde su grigio. Nel 1998 l’architetto propose un progetto rivoluzionario per l’area portuale di Montecarlo in chiave verde (parco pubblico e residenze di Montecarlo, punteggiato da laghi e parchi per un’estensione di 5 ettari, a cui una nuova diga avrebbe consentito di aggiungere altri 5 ettari, da adibire a edilizia residenziale e alberghiera, immersa nel verde.

Ecco il testo integrale di Matt Shaw sul New York Times

PIONIERE DELLA GREEN-ARCHITECTURE, EMILIO AMBASZ CREA EDIFICI CHE APPARTENGONO AL PAESAGGIO

Quando nel 1998 l’architetto Emilio Ambasz vinse il Concorso per la riprogettazione della sede dell’Eni S.p.A., compagnia petrolifera controllata dal governo italiano, si dice che abbia agitato metaforicamente un dito verso il presidente di quell’azienda dicendogli: “Avete l’assoluto dovere di realizzare per l’Italia qualcosa di verde!” Ambasz propose una nuova facciata per l’edificio, che avrebbe coperto l’arrugginimento e il conseguente disfacimento del manto risalente agli anni ’60, salvando milioni di lire ed eliminando la necessità di trasferire i lavoratori. Questo mantello esterno avrebbe creato un “Giardino verticale” di 20 piani, e sarebbe servito  a raffreddare l’edificio, ombreggiandolo con fiori e piante che avrebbero cambiato colore stagionalmente. Sebbene la facciata verde non sia mai stata costruita, essa rappresentava un tipico confronto etico da parte dell’architetto pionere del verde. Non essendo forse conveniente politicamente, alla fine il governo non intese rendere vero questo suo sogno ambientale. Oggi, l’ottantenne designer ha visto realizzarsi molte innovazioni ambientali di tendenza, tra cui verdeggianti torri, e cio’ significa quanto Ambasz fosse all’avanguardia, un vero pioniere del verde dato che ci crede da sempre. Nel 2020, il Museo d’Arte Moderna ha fondato “L’Istituto Emilio Ambasz per the Joint Study of the Built and the Natural Environment“, che egli ha contribuito a realizzare donando un assegno di 10 milioni di dollari della sua fondazione. L’istituto supporta la programmazione e la ricerca del design rispettoso dell’ambiente. Secondo il Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente, si tratta di una missione della massima urgenza, poiche’ quasi il 40 per cento delle emissioni di anidride carbonica legate all’energia proviene da costruzioni. In autunno, Rizzoli ha pubblicato “Emilio Ambasz: Curating a New Nature”, una monografia della Columbia University dello storico dell’arte e dell’architettura Barry Bergdoll, che esplora la poliedrica carriera di Ambasz come designer, architetto e curatore museale. “È una figura leggendaria, un grande innovatore in molti campi”, ha detto Bergdoll in una recente intervista, “ma il suo contributo più duraturo è nel settore dell’architettura green”. Nato nel 1943 a Chaco, in Argentina, una provincia a circa 600 miglia a nord-ovest di BuenosAires, Ambasz ha ricordato di aver deciso di diventare un architetto quando aveva nove anni. Il libro di Bergdoll e altre fonti dicono che Emilio convinse in qualche modo la facoltà dell’ Università di Princeton a lasciarlo completare la laurea in soli due anni, e a nominarlo poi docente presso la facoltà di architettura, che abbandono’ nel 1969, quando gli fu offerto il posto di curatore del design al MOMA. Lì ha organizzato due spettacoli innovativi, “Italy: The New Domestic Landscape” (1972), che ha introdotto il design radicale italiano al mondo, e “The Architecture of Luis Barragán” (1976), che ha suscitato una duratura passione per l’architetto messicano. Oltre alla sua disciplina, Ambasz ha praticato il design industriale, rivendicando dozzine di brevetti meccanici, incluso quello di uno schienale flessibile e reattivo per Vertebra, uno dei primissimi sistemi ergonomici di poltrona da ufficio, introdotta nel 1976. I suoi progetti per i motori N14 e Signature 600 hanno vinto numerosi premi per Cummins, il produttore di motori di cui Ambasz e’ stato capo consulente di design dal 1980 al 2008. Cresciuto in Argentina, è stato influenzato dal realismo magico della letteratura latinoamericana. Ha scritto e pubblicato alcuni suoi racconti fantastici, che chiama favole, anche se mancanti dei soliti ingredienti di animali parlanti e finalita’morali. In “Fabula Rasa” (1976) ha raccontato dell’uomo che fondo’ la disciplina dell’architettura, costruendo il palazzo degli dei. Ambasz è stato uno dei leader del movimento ambientalista negli anni ’60. Per lui, “green” significa, più che strutture certificate LEED, a zero emissioni o ad alta efficienza energetica, piuttosto edifici indiscutibilmente rispettosi del paesaggio. “Il lavoro di Emilio riguarda la poesia e di come vivremmo rispettando e  apprezzando la natura”, ha detto Bergdoll. “In tal senso, fu un precursore.” Ambasz descrive spesso il suo approccio come “verde sopra il grigio”, seppellendo gli edifici sotto facciate botaniche, che restituiscano ciò che è stato tolto dall’uomo costruttore “Voglio creare  insediamenti urbani che non alienino i cittadinidal regno vegetale”, ha detto. “Sto creando un’architettura inestricabilmente intessuta nel verde e nella natura.” Nella sua Casa de Retiro Espiritual (Casa diRitiro Spirituale), una residenza completata nel1979, fuori Siviglia, in Spagna, con due monumentali muri bianchi che incorniciano vedute delle vicine montagne, gli spazi abitativi immersi sono coperti da uno strato di argilla e coperti da un tetto verde.L’uso della terra come materiale isolante diminuisce le spese di riscaldamento e raffrescamento. “‘Sostenibilità’ allora non era una parola molto usata. Io l’ho fatto perché era la cosa giusta da fare in quel clima”, ha detto.Ambasz guarda avanti come qualsiasi industriale designer esperto negli strumenti e negli ingredienti della produzione di massa. “Spesso pensiamo ai primi protagonisti del design ecologico,  come a un ritorno ai materiali premoderni come il legno e l’argilla”, ha affermato l’architetta, scrittrice ed editrice Suzanne Stephens. “Ambasz era diverso, perché non si adattava ad usare materiali più high-tech per le facciate continue in acciaio, cemento o vetro”. Nel Conservatorio Lucile Halsell del Giardino Botanico di San Antonio, cheha aperto nel 1988, ha costruito muri di contenimento in cemento intorno all’edificio preesistente, in uno schema che ha ridotto il consumo di energia. Un recensore della rivista Progressive Architecture è stato critico riguardo al percorso di circolazione, e alle stanze come serre. Ma questo non ha fermato i giurati per i premi annuali della rivista dal conferirgli un premio. Bergdoll ha affermato di considerare il Conservatorio un importante esempio di “un’architettura in cui le piante sono le vere protagoniste, e gli esseri umani solo dei visitatori”. Nonostante i suoi numerosi riconoscimenti, Ambasz è rimasto nell’ombra dei più acclamati architetti di edifici emozionanti, come Steven Holl, che ha progettato il Nelson Atkins Museum of Art di Kansas City, Mo., e molti altri centri culturali. La Stephens ha attribuito questo basso profilo alle sue tendenze poliedriche. “Facendo così molte cose così bene”, disse, “lui non e’ tipico di una sola,  cosa che non ha permesso al pubblico di capire veramente quanto è talentuoso.” Tuttavia, i suoi progetti piacciono alla gente, anche quando ha rivoluzionato un parco pubblico, con il suo progetto per l’ACROS Fukuoka Prefectural International Hall in Giappone, completato nel 1994. La soluzione di Ambasz è stata quella di coprire l’edificio degli uffici governativi con giardini terrazzati da utilizzare dal pubblico “Quando lo vedi, rimani sbalordito da questa montagna di verde”, ha detto Bergdoll. “È selvaggio e ricoperto di cosi’ lussureggiante vegetazione, che non puoi credere che ci siano delle persone all’interno.” L’architetto James Wines ha scritto sull’ambientalismo di Ambasz in diversi saggi e in un libro, “Green Architecture”, pubblicato nel 2000. Disse: “Per Emilio, l’arte costruttiva è un richiamo  trascendentale, dove la combinazione di struttura e di vegetazione e il loro rapporto con l’ambiente sono visti come parte di un’integrazione utopistica.” Oggi, l’Istituto Ambasz supporta la ricerca e l’evoluzione nella pratica del design attento all’ecologia. La sua serie Material Worlds e la conferenza annuale sulla Giornata della Terra porta diversi relatori a discutere i progressi in fatto di materiali e progetti verdi. “Vogliamo ridefinire il modo in cui in generale il pubblico capisce l’architettura”, ha detto Carson Chan, direttore dell’istituto. “Oltre alla semplice progettazione degli edifici, l’obiettivo è quello di impegnarsi nell’intero processo da cui consegue fare architettura. Solo allora i designer potranno iniziare ad affrontare la crisi climatica”. L’Istituto Ambasz svilupperà concetti che sono cari a Ambasz, stimolando quelle idee nel lavoro altrui. La cosa principale è capire che la progettazione ecologica non riguarda semplicemente la realizzazione di edifici con impronte di carbonio minime o alberi sulle facciate. “Se un’opera architettonica
non emoziona, a prescindere da quanto rispettosa della natura sia, che senso ha?” si chiese una volta Ambasz,  domanda alla quale rispose lui stesso’: “È solo un altro edificio…”.

Per saperne di piu’ –  Ufficio stampa – Ferdinando Crespi – ferdinando@crespius.com – Informazioni generali – Giulia Pellegrino giulia.pellegrino@gmail.com

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